La grammatica italiana è estremamente articolata e complessa da imparare. Imparare ad utilizzarla in maniera corretta evitando eventuali può risultare difficile non soltanto per un parlante di un’altra lingua che si accinga ad apprender la lingua italiana, ma anche per un italofono nativo.
La lingua italiana è infatti molto articolata e complessa; essa si basa su una sintassi ed una struttura proveniente dalla lingua latina, notoriamente articolata e avente una struttura difficile da comprendere e apprendere. Ne consegue necessariamente che spesso anche gli italiani ricadano in errori di sintassi e morfologia parlando nella loro stessa lingua.
Uno di questi errori è la “concordanza a senso” o “sillessi”. La concordanza a senso avviene quando il parlante o lo scrivente producono frasi in lingua italiana allontanandosi dalle norme grammaticali che regolano la concordanza tra le parti variabili del discorso, privilegiando elementi che si rifanno al significato della frase, ovvero al suo senso. Ciò avviene quando il verbo, anziché concordare con il complemento partitivo, concorda con il soggetto logico. Per fare un esempio: la frase “Mirella è una di quelle che sa sempre come cavarsela” contiene la concordanza a senso, mentre la corretta lingua italiana prevederebbe di formulare la frase “Mirella è una di quelle che sanno sempre come cavarsela”. Un’altra comune situazione di concordanza a senso si presenta quando vi è un soggetto collettivo che regge il partitivo: la concordanza grammaticale, secondo le regole della corretta lingua italiana, richiederebbe un accordo al singolare; spesso viene commesso l’errore di concordanza a senso che privilegia l’elemento più importante dal punto di vista del significato. Le frasche segue le norme della lingua italiana è, ad esempio “Al matrimonio c’era un centinaio di invitati”, ma spesso di utilizza la concordanza a senso “Al matrimonio c’erano un centinaio di invitati”. Quest’ultimo tipo di concordanza è ormai frequente anche nello scritto giornalistico (“Per il referendum hanno votato il 10,20% degli aventi diritto”).
Nella corretta formulazione della lingua italiana pare risultare alquanto ostico anche l’utilizzo dei verbi ausiliari “essere” e “avere”. Tale aspetto della lingua risulta difficile poiché non esiste una regola che attribuisca ad ogni verbo il suo ausiliare, ne consegue che i casi di incertezza sono frequenti. Tuttavia, la norma ci conferma che si coniugano con l’ausiliare “essere”: tutti i verbi impersonali, i verbi riflessivi, gli intransitivi che indicano un’azione subita dal soggetto ma non volontaria, i verbi transitivi, i verbi transitivi che indicano un’azione volontaria del soggetto. Per riportare degli empi nella lingua italiana dei verbi elencati, indichiamo rispettivamente: “era successo”, “sono risentito”, “sono nato”, “ho scritto”, “ho annuito”. Ahimè tale regola non è sufficiente per assicurare di evitare di compiere errori di lingua, poiché diverse voci verbali si annoverano tra le eccezioni a questa norma.
Fonte: Rilettura, Revisioni e Correzioni di testi, bozze e documenti – TRADUCTA Italy